
A ovest dell’isola, in una zona rocciosa di granito compatto, nella seconda metà dell’Ottocento sorse la cava di Cala Francese. All’ottima qualità della pietra si aggiungeva un elemento fondamentale per il successo dell’impresa: la vicinanza degli impianti al mare la cui profondità consentiva l’approdo alle imbarcazioni che dovevano caricare i pezzi lavorati. La gestione della Società Graniti Sardi dei genovesi Fratelli Marcenaro e Grondona, consentì uno sviluppo notevole della cava e la formazione di una classe operaia specializzata e competente. Gli scalpellini (inizialmente toscani e lombardi, poi maddalenini) non si limitarono, come altrove, a produrre lastre stradali, richiestissime nelle grandi città per la pavimentazione e per le tramvie, ma si specializzarono nella lavorazione di pezzi particolari, decorazioni, sculture e anche monumenti: di questi il più celebre è quello ordinato dalla Compagnia Universale del Canale di Suez per ricordare la guerra vittoriosa contro i turchi per il controllo del Canale (1915-1918), e posto sulla costa di Ismailia (1930). A La Maddalena qualche esempio di qualità: la colonna Garibaldi del 1907, la tomba Grondona, le mensole di sostegno ai poggioli delle palazzine militari di piazza Comando.
La cava decadde nella seconda metà del Novecento: dopo un periodo di abbandono, oggi è stata restaurata ed è diventata un piccolo villaggio turistico, all’interno del quale la memoria è affidata alle pareti spaccate, ai pezzi rifiniti e lasciati sul posto, al vecchio trenino che trasportava i massi lavorati, ad argani e attrezzi che sembrano pronti a riprendere vita e ad un piccolo museo in allestimento.