Casa Natale.
Malgrado l’apparenza inospitale del suo profilo, nella parte più alta l’isola accoglie una zona abbastanza pianeggiante, utilizzata fin dal Settecento per agricoltura e allevamento. All’inizio dell’Ottocento un pastore di origine corsa occupò quest’area, dedicandone una parte alla semina del grano, altra alla vigna e altra ancora ad orto. Costruì una casa in un punto elevato ma invisibile dal mare e qui portò la sua famiglia: era Natale Berretta e ancora oggi, nelle carte topografiche, questa abitazione mantenuta in piena attività dagli eredi fino agli anni settanta del Novecento, ma ormai in rovina, conserva il nome di Casa Natale. Berretta ebbe dei seri guai con la giustizia, essendo stato accusato dall’inglese Webber di aver appiccato un incendio nella sua pineta; per questo si diede alla macchia per quattro anni, creando la leggenda del bandito imprendibile, fino a che non fu celebrato il processo che, grazie a particolari testimonianze, lo assolse.
Un tempo, diversi sentieri consentivano di arrivare alla casa e, da questa, alle due sorgenti d’acqua, a Cala d’Alga, a Cala Granara e a Cala Canniccia, mantenuti aperti dal via vai dei cacciatori fino a che la caccia fu proibita in tutto l’arcipelago e la vegetazione si riprese i suoi spazi. Oggi, per arrivarci, si può percorrere la massicciata militare da Cala Canniccia a Zanotto.
Batterie
L’isola assunse un ruolo importante nella difesa dell’arcipelago nel periodo fra le due guerre mondiali, quando vi si costruirono tre batterie, due delle quali nella parte settentrionale: sulla punta di Zanotto quella antinave intestata a Rubin de Cervin; sulla punta di Petraiaccio quella antiaerea chiamata M13 (più tardi M199). Entrambe mimetizzate per non essere facilmente scorte da parte dei ricognitori. A Zanotto una piccola banchina (non sempre utilizzabile perché esposta ai venti del I° e del IV° quadrante), consentiva lo scarico di materiali pesanti che poi erano trasportati verso l’alto grazie ad un sistema di sollevamento su un ripido piano inclinato. Una sorgente garantiva l’apporto di acqua al personale della batteria.
La batteria di Petrajaccio
era composta da quattro piazzole armate distanti fra loro e disposte a semicerchio intorno alla centrale di tiro, completate da altre postazioni per mitragliere: l’accesso era costituito da gradini sbozzati nella roccia viva. Riparata da uno sperone roccioso era la caserma con gli alloggi del personale; tutto il complesso era circondato da una rete di filo spinato. Le due batterie erano servite da una strada militare che nasceva dalla banchina (anch’essa militare) di Cala Canniccia (o Cala Ferrigno), situata sulla costa orientale, e della quale rimangono alcune parti riconoscibili. Sale costeggiando Cala Bonifazzinca e arriva ad un cancello presidiato da due casermette. Al di là la strada si biforca: a destra raggiunge Petrajaccio, a sinistra piega verso sud salendo fin quasi alla Casa Natale per poi dirigersi a nord fino a Zanotto. Questo lunghissimo tracciato è determinato dalla difficile orografia del tratto che separa in linea d’aria le due batterie, tanto impervio da essere chiamato U passu malu (il passo cattivo), e dalla dorsale che attraversa l’isola da nord a sud la cui punta più alta è Punta Banditi.
Batteria Zavagli.
Si trova a sud, nella Cala Corsara, servita di banchina che consentiva di portare persone, armamenti e provviste sia alla batteria vera e propria che alla caserma arretrata e alla fotoelettrica con il suo personale addetto, che si trovava sulla punta ovest della cala: in questa zona una piccola banchina garantiva un ulteriore accesso. La potente fotoelettrica aveva il compito di evitare incursioni nemiche notturne illuminando il tratto di mare fra Spargi e Punta Sardegna che costituisce l’ingresso occidentale ai canali interni dell’arcipelago. Dietro la grande caserma di Cala Corsara, recentemente restaurata dal Parco, ma ancora inutilizzata, corre una massicciata, oggi quasi completamente scomparsa sotto la macchia mediterranea, che sale ad un lungo edificio bianco, ormai in rovina (la stazione telegoniometrica) e alla vedetta di Guardia Preposti. Questo nome richiama l’assidua presenza dei finanzieri nelle acque del nord Sardegna, nel tentativo di bloccare il contrabbando fiorente che si esercitava fra le coste galluresi e la Corsica con l’intermediazione delle isole maddalenine.